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    Orazio Flacco – La casa

    La costruzione risale al I secolo a.C., (probabilmente nel 43 a.C.), periodo in cui, a causa di una forte deduzione di coloni in Venusia, vi si sviluppò un’intensa attività edilizia.

    La letteratura locale la indica come “Casa di Orazio”, anche se nel 1935 studiosi e archeologi la identificarono come parte di un complesso termale, che all’origine doveva essere certamente molto più vasto.

    Essa è composta di due vani: uno a pianta circolare coperto e l'altro a pianta rettangolare mancante di copertura. Il paramento murario esterno mostra resti di opus reticulatum e opus latericium.

    Sotto il selciato della stradina che conduce al fabbricato, venne alla luce una pavimentazione a mosaico raffigurante un mitologico mostro marino.

    Al di là del suo valore architettonico, sulla “Casa di Orazio" c’è da dire che, nella sua veste di dimora del grande poeta, essa esercita l'importante ruolo di custode della memoria storica dei venosini e promana una suggestione particolare che gli proviene direttamente dal nome del presunto proprietario

     

    Esterno

    Interno

     

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    Orazio Flacco – La Vita

    Quinto Orazio Flacco nacque l’8 dicembre dell’anno 65 a. C. da padre liberto a Venosa, città tra l’attuale Puglia e la Basilicata, nella propria casa situata oggi nelle vicinanze del trappeto del sig. Piumbaroli, di fronte al ruscello Reale. Di questo dà testimonianza nella prima satira del secondo libro, dove dice:

    … Lucanus an Apulus anceps:
    nam Venusinus arat finem sub utrumque colonus.
    (In dubbio se Lucan sono o Pugliese: però ch’el Venusino
    ara il terreno sul confine d’ambedue)

    Frequentò i primi anni le scuole di Venosa e successivamente, quando ormai il suo paese risultò troppo limitato per le sue ambizioni, fanciullo di gran ingegno e grandi aspettative, fu condotto dal padre a Roma, perché imparasse le lettere e i costumi, alla maniera dei figli dei cavalieri e senatori.

    Continuò gli studi a Roma ed ebbe per suo maestro di lettere greche e latine l’illustre Orbilio Beneventano. Quindi andò ad Atene a studiare filosofia.

    Uscito ingloriosamente dalla guerra tra Augusto,Bruto e Cassio, tornato a Roma, essendo morto nel frattempo il padre, non avendo altro modo per vivere che col poetizzare, si diede alla poesia.

    Dopo la vittoria d’Augusto, Mecenate, per mediazione di Virgilio e di Vario, lo incluse trai suoi amici e ciò gli permise liberamente, senza alcun problema di natura economica, di esprimersi liricamente nelle sue composizioni.

    Le sue opere non solo piacquero a Cesare Augusto, a Mecenate, e ad altre persone nobili e letterate, ma anche a San Germano, dottore della Chiesa, il quale disse che Orazio fu il primo,tra i Latini,che trovò il modo di comporre i versi lirici.

    Ebbe una sua villa dotata di molte comodità, tanto gradita che in ogni occasione non si stancava mai di lodarla e di celebrarla.

    Privato di ogni preoccupazione economica, ebbe modo di esprimere così tutta la sua bravura nelle opere che man mano produceva. Così nascono le Satire, gli Epodi, le Odi e le Epistole.

    Nell’8 a.C. muore il poeta che, più di ogni altro personaggio nato a Venosa, ha dato lustro alla città restandone legato mediante un rapporto quasi antonomastico.

    LE OPERE:

    Epodi ( 17 carmi)
    Satire ( I , II libro)
    Odi ( I,II,III,IV libro)
    Epistole ( I,II libro)

    Il Carmen saeculare
    Epistola ai Pisoni o Ars Poetica

     

     

    Chiesa – Monastero di Santa Maria

    La chiesa e il monastero (di cui rimangono pochi resti) furono costruiti alla fine del XVI secolo dal vescovo Rodolfo da Tussignano per ospitare le monarche Benedettine.

    La chiesa fu consacrata nel 1662.

    Del monastero resta l'elegante loggiato del piano superiore mentre il resto delle strutture furono demolite per far posto all'attuale piazza Ninni.

     

    Di Chirico Giacomo

    (n. 1844 a Venosa  – m.1883 Aversa)

    Nasce a Venosa (PZ) nel 1844. Muove i primi passi in un ambiente molto povero ed è costretto ad
    esercitare il mestiere di barbiere per sopravvivere. È il fratello Nicola, scultore, ad avviarlo allo studio del disegno fino a quando, nel 1886, frequenta il Real Istituto delle Belle Arti di Napoli grazie ad un sussidio mensile del Comune di Venosa. I pittori paesaggisti Filippo Palizzi e Domenico Morelli, propugnatori della cosiddetta “pittura di storia”, furono i suoi maestri.

    Dopo i primi anni di studi, magistralmente compiuti, si iscrive presso l’Accademia di Roma, sempre sostenuto dall’assegno comunale che gli consente di continuare
    a perfezionare le proprie tecniche, finché non apre il suo primo atelier a Napoli. Il Buoso da Duera è il capolavoro della rivelazione dechirichiana: il pittore era combattuto, fino ad allora, tra Neoclassicismo e Romanticismo, incerto tra l’esaltazione degli ideali del passato e la raffigurazione della realtà nella sua immediatezza.

    Tra le due tendenze è la prima a prevalere nel suo stile. Il “pittore del verismo”, come era stato definito, muore nel manicomio di Aversa nel 1883 a soli trentanove anni, dopo un lungo periodo di tenebra mentale.

     

    Ritratto di Giacomo Di Chirico – Michele Bruno Venosa